Una volta ho sentito dire che gli amici sono più importanti dei parenti: gli ultimi ci sono imposti, i primi si scelgono. Forse è una banalizzazione, ma chi ha vissuto veramente quel legame unico e speciale che si crea con pochissime persone nell'arco di una vita, che rende importanti anche i silenzi e che và ben oltre il legame di sangue, sa di cosa parlo.
Se penso alle persone speciali in cui sono inciampata nella mia vita, non posso fare a meno di pensare a quanto 'casuale' e fortuito sia stato il primo incontro. E a quanto fossi impreparata anche solo ad immaginare il ruolo fondamentale che avrebbero avuto nella mia vita. Ci si incontra, si scambiano due chiacchiere, si ride, sempre più di cuore e - quando meno te lo aspetti - quella persona è diventata talmente importante che risulta impossibile pensare ad un quotidiano che non sia condiviso.
Non so ancora dire se sia una fortuna o una condanna: ma ho avuto in vita mia amicizie talmente forti, talmente coivolgenti, da far concorrenza alle storie d'amore. La fortuna: il cuore resta sempre al caldo. La condanna: gli addii diventano un tormento.
Settimana scorsa ho dovuto salutare la mia Persona Speciale per antonomasia. Amica, coinquilina, sorella nonostante fossimo nate da madri diverse, compagna di avventure e porto nelle sventure per un intero decennio: Mildred.
Mildred è stata la compagna di banco e di studi.
Mildred era il suo terrore folle per le verifiche e l'incapacità assoluta di copiare un compito scritto senza farsi scoprire anche da un professore con un solo grado buono di vista.
Mildred erano le ore di corso la mattina, senza sonno: arrivando in aula direttamente dalla serata per la Milano da bere della notte precedente.
Mildred era il disappunto per i commenti sull'età e la scarsa altezza (e, per questo, veniva chiamata 'Vecchia Nana').
Mildred era la sua passione per il Negroni e l'Havana Club versato direttamente in gola dai baristi (che regolarmente si complimentavano).
Mildred è il suo terrore per i fantasmi e i conseguenti ed inevitabili scherzi ai piedi del letto, mentre dormiva, con tanto di faccia resa bianchissima dalla farina.
Mildred era il primo piano del suo cane sul comodino mentre tutte le altre avevano la foto del fidanzato.
Mildred erano gli schiaffi al corteggiatore sfruttato come tassista che, dopo l'ennesimo passaggio in piena notte da una parte all'altra della città, aveva tentato un timidissimo e molto educato approccio.
Mildred erano gli schiaffi che tirava all'aria mentre io - ormai più basita che triste - le raccontavo del chiarimento non troppo felice con un ex.
Mildred è stata le attese in ospedale mentre, spalla contro spalla, attraversavamo la Linea d'Ombra.
Mildred era la scarpa tirata dietro alla povera infermiera che voleva aiutarla, mentre io, accanto, avrei voluto sprofondare di vergogna.
Mildred era la sua telefonata disperata per farmi entrare in pronto soccorso fuori orario perchè le era morta una signora accanto. E dopo essere entrata e aver litigato con mezzo policlinico, lei, beata, mi diceva 'perchè hai quella faccia?E' morto qualcuno?ah...quella storia della signora?....era solo per costringerti ad entrare....'.
Mildred è stata la capacità di ridere durante e nonostante la difficoltà. Mildred è stata le lacrime di gioia.
Mildred è stata la figurina che chiudeva reticente la porta di casa su dieci anni di vita comune.
Mildred è la nuova vita che ora l'attende.
Mildred è altre mille cose e questo blog è uno spazio virtuale troppo piccolo per contenerle tutte.
Lo so, questo è un post inusuale. Mi è stato detto tante volte di costruire alti muri e porte invalicabili attorno a quello che ho dentro, ma questa volta la persona che si intravedeva dietro la porta è stata, è e sarà troppo importante per non lasciare, almeno una volta, l'uscio socchiuso.
E poi dovevo restituire un bacio sulla guancia.
commozione...
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