venerdì 3 agosto 2012

Memorie di una Geisha


Ho sempre pensato di dover andare dall’analista per avere un giudizio terzo e clinico sul mio modo di approcciarmi col mondo.

Oggi ho proprio concluso che urge.

In particolare, ho sempre avuto problemi con estetiste, parrucchiere e simili: in genere suddette estetiste ecc. hanno la tendenza a sentirsi mie CARE amiche. Non nel senso di diventare confidenti quel tempo che basta a strappare due peli (ok, magari un po' più di due). Ma mi invitano a cena...a vedere film improbabili...e quando tento (inutilmente) di accampare scuse, anziché incassare e desistere, si offendono e rincarano la dose (due cene e due film improbabili).

Questo problema non era mai sorto col parrucchiere: da qualche anno, infatti, più che un taglia-capelli, frequento un raffinato artista del bulbo pilifero....un tipo che - per intenderci - quando ha aperto la sua bottega indipendente dal precedente titolare, anziché dire che si era 'messo in proprio', ha annunciato di aver effettuato uno spin-off. 

Proprio come avviene nel mondo legale e nelle società quotate (e non escludo che il suo negozio, pardon il suo 'laboratorio', un domani, venga quotato con regolare IPO di cui, magari, dovrò redigere il prospetto informativo nottetempo).

Comunque, dicevo, nel laboratorio sono sempre stati piuttosto distaccati (business is business).

Fino ad oggi.

Quest'oggi, infatti, l’algida esperta di colore (che non saprei come definire con termini tecnico-parrucchier-specialistici) credo (credo) si sia lasciata col marito (raffinato artista del pelo egli stesso). Fino ad oggi a stento ti rivolgeva la parola se non ‘buongiorno’ ‘buonasera’ ‘amore stai benissimo’ (il che per me era perfetto: quando hai le mani nei miei capelli non ti voglio parlare: voglio leggere di gossip). Ma lei, in questo periodo, è evidentemente a pezzi. Quindi nell’ordine ha (i) indagato se potessimo andare in vacanza assieme; e (soprattutto) (ii) indagato se potessimo andare a vivere assieme.

Ai miei basiti tentativi di rintuzzare il tutto (sto per andare a convivere e probabilmente dopodomani mi sposo, anzi, facciamo domani così, a scanso di equivoci, anche stanotte sono occupata) ha reagito decidendo di dedicarmi il suo tempo per tutto il tempo che io (e i miei capelli) avessimo avuto bisogno del suo aiuto. 

E per “dedicarmi il suo tempo” intendo dire che l’ha fatto non come fossi una cliente, ma come se fossi una barbie con cui giocare. Quindi ha cominciato a (i) mettermi lo smalto; (ii) pettinarmi (e sin qui…); e (iii) truccarmi.

Ora, mentre mi truccava, senza che opponessi la minima resistenza, la guardavo di sottecchi: diciamo che era conzata come un’adolescente emo (con occhi talmente bistrati di nero da rasentare il panda). Quindi, mentre la sentivo passarmi il quarto strato di eye liner, non potevo esimermi dal riflettere sul risultato finale. Non ero sicura se dovessi ridere o dovessi piangere. 

Nel dubbio, comunque, rischiavo il soffocamento.

Anyway, alla fine - non so come - ne sono uscita viva, vegeta e ... dall'aspetto peculiare.

Relativamente all'aspetto, non potendo allegare una foto che renda idea, cercherò di sopperire con un'accurata descrizione.

Era l’una di pomeriggio, di un pomeriggio d'agosto. Fuori c'erano 48 gradi, Ulisse (l'ennesimo anticiclone) arrostiva impietoso l'asfalto cittadino.

Lì in mezzo alla canicola che scioglieva i marciapiedi e rendeva sfocato l'orizzonte, avanzavo io: con le unghie rosa shocking, il viso reso pallidissimo dalle 4/5 mani di  cipria, gli occhi bistrati a quintupla mandata di nero, la frangia incredibilmente scura, sinistramente lucida, dritta e tesa sugli occhi (bistrati come sopra) e le labbra con lucidalabbra rosa shocking.

Sembravo Gong Li in Memorie di una Geisha.

Anzi, Gong Li sarebbe stato un gran complimento, quindi rettifico: sembravo una giapponese di Torvajanica che s'era vestita a festa, di agosto, in Italia, per celebrare il dragone tuonante di Kyoto. Pronta a cimentarsi con la danza dei ventagli mentre aspettava alla fermata il tram 19 (o, almeno, questo era quello che sembrava pensare la gente che mi fissava stupita e con una punta di pena). 

Che poi, il look-gheisha non mi starebbe nemmeno malissimo: se fosse stata sera e ci fossero 10 gradi in meno.

Ma era ora di pranzo e per la serie 'al peggio non c'è mai fine', io, conzata da Gong Li, mi son dovuta recare in Studio Grandicello per affrontare il mio ultimo giorno lavorativo prima delle vacanze estive.

Infondo, molto infondo, farei sempre l’avvocato.

E se avessi provato a togliermi il trucco mi sarei ridotta peggio di un panda.

Mai come oggi avrei desiderato avere il sacchetto di carta, da ficcarmi in testa, esattamente come charlie brown….